Il lavoro non manca, ma la gente adesso chiede funerali sobri e pochi fiori. In Italia ci sono oltre 6mila imprese. «È un lavoro stressante, senza orari né domeniche». Per combattere scaramanzia e diffidenza, qualcuno prova a reinventarsi: dalle urne ecologiche ai portachiavi con le bare.
«Certo, la gente continua a nascere e morire tutti i giorni. Ma la crisi la sentiamo anche noi». Alla faccia dei luoghi comuni, persino le agenzie di onoranze funebri stanno attraversando un momento difficile. È un settore poco raccontato, visto spesso con diffidenza. Ma è un servizio di cui tutti, prima o poi, diventeremo clienti. «E questa è una delle poche certezze della vita», scherza Giacomo Taffo, uno dei principali impresari funebri a L’Aquila. Ventisette anni, ha aperto la sua azienda un anno e mezzo fa. Ma come molti colleghi è figlio d’arte. «È difficile che qualcuno inizi questo lavoro da zero – racconta – di solito la professione si tramanda dai propri genitori». Sono aziende familiari, in gran parte. Secondo i dati presentati in Senato da Confartigianato, nel settore delle onoranze funebri operano in Italia, direttamente o nei servizi collaterali, oltre 6.400 imprese. Nell’80 per cento dei casi piccole o piccolissime.
È un lavoro necessario, ma non per questo semplice. «Purtroppo non muoiono solo le persone molto anziane – racconta Taffo – ci sono anche tanti giovani». Neanche l’esperienza rende emotivamente preparati. Renzo Oldani è il titolare delle onoranze funebri Sant’Ambrogio a Varese. Insieme a sedici dipendenti, ha deciso di assumere anche uno psicologo. «Il rapporto con le persone è fondamentale, ci vuole una grande sensibilità» spiega. «Quando qualcuno dice che questo è un lavoro facile, vuol dire che non ha capito nulla. È una professione difficile e stressante».
E non c’è solo l’aspetto umano. Per i proprietari di un’impresa funebre non esistono orari né vacanze. Programmare il lavoro diventa impossibile. Il conto in banca ripaga di tanti sforzi? «Chi pensa solo all’aspetto economico ha fallito in partenza» insiste Oldani. «Non bisogna mai chiedersi come lavorare di più, ma come offrire un servizio migliore». L’improvvisazione, come in altri settori, non aiuta. «È un lavoro che paga, questo è vero» ammette Taffo. «Ma bisogna saperlo fare. Chi inizia senza esperienza spesso finisce per chiudere nel giro di sei mesi».
Con la crisi il lavoro non è diminuito, ma sono cambiate le richieste dei clienti. La gente vuole funerali sobri, meno fiori, bare più economiche. «Prima non si parlava mai di prezzi. Adesso è la prima cosa che ci chiedono»
Intanto è arrivata la crisi. A Napoli Fabio Chiariotti è il titolare della Eurofuneraria. Ogni anno la sua impresa organizza più di duecento funerali. Tra le spese, gli stipendi dei dipendenti e la concorrenza delle altre aziende – solo all’ombra del Vesuvio quelle abilitate sono una cinquantina – i tempi d’oro sono un ricordo. Rispetto al passato il lavoro non è diminuito, ovviamente. Il settore delle onoranze funebri segue il ciclo della vita, non le congiunture finanziarie. Ma negli ultimi anni sono cambiate le richieste dei clienti. La gente vuole funerali sobri, meno fiori, bare più economiche. «Prima – racconta Chiariotti – non si parlava mai di prezzi. Adesso è la prima cosa che ci chiedono». Solo su una cosa le persone non risparmiano: «A Napoli c’è la mentalità della macchina – continua – Per il trasporto mi chiedono tutti una bella auto. Che poi se uno ci pensa dovrebbe essere la cosa meno importante….». Taffo racconta che in Abruzzo molti clienti hanno difficoltà a pagare la cerimonia. E così la sua azienda offre una rateizzazione delle spese. Non è l’unico: «La gente non paga più i funerali – dice Oldani – Non siamo mai stati così esposti. È un problema morale, non solo legato alla crisi. Paradossalmente i clienti che hanno davvero difficoltà economiche alla fine pagano sempre, magari un po’ per volta».
Nel frattempo cambia anche la professione. Oldani ricorda che fino a pochi anni fa ci si avvicinava a questo settore per mancanza di alternative. Per molti lavorare presso un’agenzia di pompe funebri era l’ultima spiaggia. «Oggi se non mi dimostrano la giusta sensibilità non li prendo». Certo, non tutti affrontano con serenità un impiego di questo tipo. La morte è ancora un tabù, talvolta la diffidenza resta. «Tanti ragazzi mi chiamano per essere assunti – racconta Taffo – Poi vengono e mi dicono: “Sono disposto a tutto, ma per favore non farmi vedere le salme”. E che lavoro dovrei dargli?».
«Il rapporto con le persone è fondamentale, ci vuole una grande sensibilità. Quando qualcuno dice che questo è un lavoro facile, vuol dire che non ha capito nulla. È una professione difficile e stressante»
Per sdoganare la scaramanzia ognuno ha la sua ricetta. A Napoli Chiariotti acquista e distribuisce portachiavi a forma di bara. «E le posso assicurare che vanno via in una settimana…». Taffo invece punta tutto sul marketing. Ha ideato un’ironica campagna di comunicazione che sta facendo il giro della rete. Un esempio? Mentre il Senato discuteva le unioni civili, ha lanciato una pubblicità con tante coppiette stilizzate, omo ed eterosessuali. “Qualunque sia la tua famiglia – lo slogan – C’è una cosa che ci renderà tutti uguali”. La slide più recente fa il verso a Star Wars. In primo piano c’è Darth Vader, in mano una falce laser. “Se la forza ti abbandona”. «La campagna delle unioni civili è stata condivisa ovunque – racconta divertito Taffo – Mi hanno chiamato da tutta Italia, la mia pagina Facebook ha raggiunto 13mila contatti. Eppure all’inizio non tutti gradivano. Qui a L’Aquila qualcuno si è lamentato, non capiva come era possibile scherzare sulla morte. Ma io ho sempre cercato di non offendere, sono sempre stato politicamente corretto. Adesso le persone si stanno abituando».
Per battere la diffidenza della gente a volte è sufficiente un’idea. Anche stavolta Taffo ha dato sfogo all’immaginazione. Da qualche tempo la sua agenzia funebre offre un’urna biodegradabile. Insieme alle ceneri viene inserito un seme, che dopo qualche anno diventa un albero. La gente apprezza questi funerali in stile ambientalista? «Se devo essere sincero non vanno molto» racconta. Le persone anziane sono ancora legate alla tradizione. «Ai giovani invece l’idea piace. Penso che prenderà piede, ma a questo punto spero il più tardi possibile…».
fonte: http://www.linkiesta.it/it/article/2016/04/30/la-morte-non-va-in-crisi-ma-anche-per-le-agenzie-funebri-sono-tempi-di/30180/